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Paura della folla, come mai la demofobia è diventata così attuale dopo la pandemia?

Anoressia

La demofobia è un disturbo d'ansia sociale caratterizzato dalla paura irrazionale, eccessiva, ingiustificata ed incontrollabile della folla, degli spazi in cui può riunirsi un gran numero di persone. La sua etimologia deriva dal greco demos (popolo) e phobos (paura). In pratica è il timore ossessivo degli assembramenti, una paura che è diventata molto nota nel periodo della diffusione del coronavirus spesso associata anche a quella della contaminazione. Tutti abbiamo vissuto l’esperienza collettiva di emergenza e di divieto degli assembramenti di persone per evitare il contagio. Per alcuni è stata una vera e propria punizione per altri invece quasi un sollievo, perché le persone che presentavano questa fobia hanno visto normalizzata la propria situazione e anzi si sono accorti che sempre più persone presentavano i propri sintomi. Conclusa la pandemia, quando la vita normale ha ripreso la sua corsa, chi aveva vissuto la segregazione con difficoltà e il distanziamento con sofferenza ha ripreso a uscire e si è sentito liberato dalla gabbia delle restrizioni. Chi soffriva di questo tipo di fobia ha visto la propria situazione peggiorare, perché il periodo di chiusura è stato vissuto come una pausa da quello che sentiva come una forzatura, ovvero stare in contatto con gli altri nonostante il fastidio provato, anche in situazioni molto sollecitanti come cinema, feste, concerti dove il contatto è con un numero elevato di persone. Infine c’è chi ha maturato la fobia alla conclusione della pandemia perché, abituandosi alle numerose restrizioni e divieti ha visto sempre come più normale l’ipotesi di stare lontano da assembramenti e situazioni di folla, trovandosi cambiato nelle sue abitudini rispetto a prima e sentendosi infragilito in una condizione sconosciuta e di difficile gestione dove l’unica percezione è di estremo disagio.

Il termine demofobia ha anche dei sinonimi: enoclofobia e oclofobia, la cui etimologia è quella che a livello letterale si traduce proprio con paura della folla (da ochlos “folla”). L’unica differenza tra oclofobia e demofobia è infatti la traduzione letterale, ma il significato resta invariato. Indipendente da come si chiama la paura della folla, la persona demofobica sperimenta molti dei sintomi che ricorrono anche in altri tipi di fobie:
• nausea e vertigini
• tremore da ansia
• tachicardia e tensione muscolare
• possibili attacchi di panico
• mal di stomaco e sudorazione
• emozioni di tristezza e rabbia
• paura di morire

Il disturbo d'ansia sociale, noto anche come fobia sociale, è una condizione psicologica in cui un individuo ha una paura persistente e intensa delle situazioni sociali o performance in cui può essere esaminato o giudicato dagli altri. Le persone con questo disturbo possono sperimentare una paura eccessiva di essere umiliate, giudicate negativamente o respinte in contesti sociali e provare un intenso disagio. Le situazioni che spesso provocano ansia sociale includono parlare in pubblico, partecipare a riunioni, interagire con sconosciuti o persino mangiare o bere in pubblico.
Come accade in altri disturbi fobici, il comportamento più frequente assunto da un soggetto demofobico è quello dell’evitamento, un meccanismo di difesa che lo porta a sfuggire dalle situazioni in cui è possibile ritrovarsi in mezzo a grandi folle per non sperimentare panico, vergogna o altre sensazioni spiacevoli. Non sono stati sviluppati test specifici per misurare la demofobia e possono essere adoperati strumenti già utilizzati nella diagnosi di un disturbo spesso associato come l’agorafobia, per esempio la Panic Disorder Severity Scale (PDSS) che è uno dei test usati. L’agorafobia qualche volta viene confusa con la demofobia ma andiamo a vedere le differenze. Definita come paura persistente e irrazionale degli spazi aperti l’agorafobia a differenza della demofobia non viene scatenata dalla paura di stare in mezzo alla folla, ma a scatenare la reazione fobica in questo caso è l’ansia che deriva dal pensiero di trovarsi a vivere in una situazione da cui è difficile allontanarsi e farlo potrebbe essere difficile o imbarazzante, o in cui non si potrebbe ottenere facilmente aiuto in caso di emergenza. Le persone con agorafobia spesso evitano attivamente luoghi come spazi aperti, trasporti pubblici, ponti o luoghi chiusi come teatri o negozi, dove temono di sperimentare attacchi di panico o di sentirsi intrappolate, per cui, in caso di attacchi d’ansia, non si trova l’aiuto di cui si ha bisogno o si teme il giudizio altrui.

L’agorafobia e la demofobia possono presentarsi anche contemporaneamente, anzi in molti casi la demofobia è un sintomo secondario ad altre problematiche. È possibile ricondurre la fobia di stare nella folla a diverse cause. All’origine possono esserci esperienze traumatiche che la persona ha vissuto e che hanno scatenato il timore di “essere schiacciato” da una folla agitata o fuori controllo, pensiamo a una manifestazione di piazza, a un concerto o a un evento allo stadio. La fobia della folla può derivare infatti da un’esperienza di ansia sperimentata in mezzo ad altra gente, pensiamo per esempio a un attacco di panico, che può far emergere la paura di perdere il controllo oppure quella di svelare le proprie fragilità agli altri. Se non opportunamente gestita e trattata, la demofobia può diventare persistente e, in alcuni casi, portare a sperimentare condizioni di isolamento volontario, pensiamo alla paura della folla nei bambini o negli adolescenti, che corrono il rischio di evitare qualsiasi occasione di condivisione degli spazi quali aule scolastiche, centri sportivi o giardini urbani.

Per contrastare lo stato di disagio e l’attivazione ansiosa può tornare utile usare delle tecniche di rilassamento che può essere perseguito praticando la respirazione diaframmatica o il rilassamento muscolare progressivo. È fondamentale imparare a riconoscere i segnali del problema, non sottovalutarli e agire in tempo, per evitare che, come nel caso della fobia di stare tra la folla, diventino invalidanti e compromettano in modo significativo la vita di chi le sperimenta, limitando le attività quotidiane, i viaggi e le interazioni sociali. Nei casi in cui il disturbo diventi invalidante al punto da creare un isolamento sociale e difficoltà a vivere le condizioni quotidiane di vita è importante consultare un professionista qualificato, un trattamento tempestivo e appropriato può aiutare a gestire con successo questa condizione e migliorare la qualità della vita.